Anna Frank, una famiglia, un diario e la Svizzera

Nadia Bendinelli
23. giugno 2022
Ingresso vietato agli ebrei. Tre ragazzini con i loro asciugamani arrotolati all’ingresso di una piscina. Sul cartello affisso alla recinzione c’è scritto «Voor Joden verboden», vietato agli ebrei. (Foto © Stadsarchief Rotterdam, Collectie J. Van Rijn)

Chi non conosce il diario di Anna Frank? Eppure, questo famosissimo documento ha ancora molto da raccontare. Come ad esempio quali esigenze personali, politiche o redazionali hanno portato alla stesura di varie versioni, pubblicate nel corso degli anni. Ma andiamo con ordine.

Il Landesmuseum (Museo nazionale svizzero) di Zurigo ha allestito una mostra didattica dal titolo «Anna Frank e la Svizzera» attorno al noto diario. Si racconta la storia di una famiglia, svoltasi prima e durante la Seconda guerra mondiale, in rappresentanza di numerose altre famiglie ebree. Il desiderio di realizzare questa esposizione nasce in particolare da due riflessioni. La prima è dovuta all’urgenza: i testimoni ancora in vita stanno purtroppo scomparendo. In secondo luogo, l’istituzione intende far conoscere i rapporti che legarono la famiglia Frank alla Svizzera.

Anna Frank in Engadina. Negli anni Trenta, Anna Frank trascorre le vacanze estive a Sils Maria, in Engadina. (Foto © Anne Frank Fonds, Basilea)
I Frank, una famiglia tedesca

Come molte altre famiglie ebree vissute in Germania, anche i Frank furono grandi sostenitori della nazione. Otto, il padre di Anna, ottenne la croce di ferro per i suoi meriti durante la Grande Guerra, mentre la nonna e la zia si impegnarono come aiuto infermiere in un ospedale militare. Una considerevole fetta del loro patrimonio fluì in titoli di guerra. Il nonno di Anna era un uomo d’affari di successo, e nel 1901 fondò una propria banca. L’agio economico della famiglia, ne favorì una particolare dedizione alle attività culturali. Questa attitudine ha sicuramente influenzato Anna, che sognava di diventare giornalista e scrittrice.

Negli anni precedenti al secondo conflitto mondiale, la loro vita cambiò in modo radicale. Il primo aprile del 1933, i cittadini tedeschi vennero invitati, con una certa pressione, a boicottare le attività ebree. Appena un anno più tardi i Frank furono costretti a liquidare la banca, già in gravi difficoltà a causa della crisi economica. Anche per Otto divenne complicato provvedere al sostentamento della famiglia. Si impose così la necessità di abbandonare la Germania al più presto.

Anna Frank e la sua famiglia a Merwedeplein, la sua nuova casa ad Amsterdam, 1941 (Foto © Anne Frank Fonds, Basilea)
Tra Basilea e Amsterdam

Zia Leni, accompagnata dalla sua famiglia, si trasferì a Basilea nel 1929. Al marito Erich Elias venne offerta l’opportunità di dirigere in Svizzera una filiale della Opekta di Colonia. La ditta produceva addensanti per marmellate, ricavati dalla pectina presente nelle mele. Nonostante una realtà finanziaria instabile, la compagnia ebbe molto successo poiché proponeva una soluzione a basso costo per conservare il cibo e per risparmiare tempo. Questa opportunità convinse anche Edith e Otto Frank, che nel 1933 decisero di rifugiarsi ad Amsterdam, confidando nella neutralità olandese, per aprire a loro volta una fabbrica. Dopo alcune difficoltà iniziali, la famiglia si inserì attivamente nella comunità locale.

Con l’inizio della guerra, non era più possibile recarsi in Svizzera a far visita ai parenti, ma la corrispondenza tra le famiglie Elias e Frank, rimase comunque fitta. L’esposizione al Landesmuseum permette di osservare numerose fotografie, lettere, documenti ufficiali e oggetti personali che rendono tangibili le circostanze in cui vivevano le due famiglie nei rispettivi Paesi. Seppur gli Elias abbiano avuto più fortuna, la vita in Svizzera non era priva di difficoltà. Nel 1936, Opekta pretese «un’amministrazione puramente ariana» per la sua filiale. Erich perse il titolo di direttore e divenne un semplice collaboratore di laboratorio.

Alcune organizzazioni come la Gioventù hitleriana (Hitlerjugend), presenti anche in Svizzera, spaventavano gli emigranti ebrei. Il ritiro del passaporto tedesco, voluto dalla politica antisemita, contribuì ad aumentare la loro preoccupazione. Agli Elias verrà ripetutamente negata la cittadinanza svizzera, fino al 1952. Tra le varie motivazioni ufficiali, fornite per giustificare questi rifiuti, si addussero argomenti come l’essere passati in bicicletta dove non era permesso.

Nel 1941 anche Otto Frank è obbligato a cedere la fabbrica al suo diretto collaboratore. I Paesi Bassi, occupati nel 1940, introdussero presto numerose leggi che proibivano agli ebrei persino le attività più banali. La situazione era diventata invivibile. Otto intuì che occorreva sparire, come alcuni anni prima dalla Germania. Cercò in tutti i modi di ottenere dei visti per gli Stati Uniti. Nonostante le amicizie influenti, non fu possibile ottenerli. Ne ricevette uno per Cuba, solo per sé. Scadde pochi giorni dopo, con l’entrata in guerra degli Stati Uniti.

Le deportazioni sistematiche dall’Olanda iniziarono nel 1942. Il 5 di luglio, anche Margot, sorella maggiore di Anna, ricevette la temuta «chiamata in servizio del lavoro». Forse era finita su qualche lista a causa delle sue attività sportive, attirando l’attenzione su di sé, prima che sul resto della famiglia. Il giorno seguente, i Frank si nascosero nel retro della fabbrica, in un rifugio che Otto e alcuni suoi aiutanti fidati avevano preparato allo scopo. Assieme a loro si nascose la famiglia van Pels – Hermann, Auguste e Peter. Hermann era consulente alle vendite per un ramo della ditta Opekta, conobbe Otto grazie al suo lavoro. A novembre il dentista Fritz Pfeffer completò il gruppo. Restarono nascosti in quegli spazi angusti per venticinque mesi.

Il diario di Anna Frank. Facsimile del diario a quadretti rossi e bianchi, Amsterdam, 1942–1944 (Foto © Anne Frank Fonds, Basilea)
Il nascondiglio

La storia del diario inizia qui. Un capitolo sospeso tra la vita precedente e il momento dell’arresto, seguito dalla deportazione. Racconta gli avvenimenti che permettono di ricostruire la quotidianità nel nascondiglio, ma raccoglie anche gli sfoghi e i pensieri di Anna.

La mostra è concepita in modo da sottolineare l’importanza di chi ebbe il coraggio di aiutare gli ebrei, mettendo a rischio la propria vita. Spesso sono stati i cittadini semplici a permettere loro di nascondersi, o di fuggire. Nella sala dedicata al nascondiglio, vengono presentati vari aspetti della vita delle otto persone nascoste, grazie a tre suggestive animazioni proiettate su un tavolo, una scrivania e una porta. Sul tavolo si evidenziano la carenza di cibo e le difficoltà. Ma questo posto rappresenta anche il punto di incontro degli occupanti del rifugio, dove sono possibili anche momenti di allegria. Sulla scrivania di Anna si leggono alcuni suoi pensieri intimi, tratti dal diario. Alla porta si affaccia chi faceva tutto il possibile per procurare cibo alle famiglie rinchiuse. 

Il 4 agosto del 1944, il nascondiglio venne scoperto e gli abitanti arrestati. Un mese più tardi, si trovavano su un treno merci che nel giro di tre giorni li condusse ad Auschwitz. Anna e Margot vennero poi separate dalla madre e deportate a Bergen-Belsen. Morirono presumibilmente di tifo, circa sette mesi dopo l’arresto.

La storia di un diario diventato famoso

Otto Frank fu l’unico abitante del nascondiglio a tornare dai campi di concentramento. Miep Gies, preziosa aiutante ma anche segretaria all’Opekta e amica della famiglia Frank, aveva conservato gli scritti di Anna. Il diario a quadretti rossi e bianchi, i quaderni e i fogli sui quali Anna aveva iniziato la revisione del suo diario, pensando a una pubblicazione. Otto rimase molto turbato da quelle pagine, ma decise comunque di trascriverle per poterle pubblicare. All’inizio nessuna casa editrice sembrava interessata all’argomento, finché nel 1947 la Contact accetta di pubblicare il diario.

Prima edizione del «Het Achterhuis». Het Achterhuis, «Il retrocasa», un titolo scelto dalla stessa Anna Frank (Foto © Museo nazionale svizzero)

Nel 1952 Otto si trasferì a Basilea, dalla sorella, dove nel 1963 fondò l’Anne Frank Fonds con l’intenzione di far conoscere il diario di Anna in tutto il mondo.

Esistono quattro versioni ufficiali del diario. Le versioni A e B sono quelle scritte da Anna. Si tratta rispettivamente del diario e della revisione, purtroppo non completa. Questa rimarrà però inedita fino al 1986. Infatti il primissimo libro, uscito nel 1947, è considerato la versione C, accorciata e rivista da Otto Frank. Da questa si ricavò una prima traduzione in tedesco, purtroppo di scarsa qualità, oltretutto abbondantemente censurata: non si voleva in alcun modo far capire che i Frank fossero di Francoforte, e quindi tedeschi. Nel 1991, l’editore S. Fischer pubblica un libro tradotto da Mirjam Pressler, voluto e autorizzato dall’Anne Frank Fonds di Basilea. Si parla qui della versione D, che unisce le due scritte da Anna, senza censure o «abbellimenti» contestuali. Vale tutt’ora come riferimento certificato e costituisce la base per tutte le traduzioni serie, presenti sul mercato a partire dal 1991.

È la stessa Mirjam Pressler a spiegare, in un’intervista, i motivi che spinsero Otto Frank ad accorciare e modificare parti del diario. La casa editrice olandese pubblicò il libro in una serie: alcuni argomenti furono tralasciati per motivi di spazio. Tra questi l’emancipazione della donna, di cui Otto, ai tempi, non colse l’importanza. Non gli sembrava inoltre opportuno pubblicare dettagli intimi, legati alla sessualità, che Anna descrisse in dettaglio. Non da ultimo intendeva proteggere la memoria dei morti. Anna, comprensibilmente, si sfogava scrivendo. Alcune sue osservazioni o giudizi severi sulla madre e gli altri occupanti del nascondiglio, potevano quindi essere ingiusti. La stessa Anna scrisse di questa sua rabbia, riconoscendo il carattere poco obiettivo di alcuni passaggi. Pressel descrive Otto come una persona molto colta, giusta e dotata di grande umanità. Per questo trova comprensibile la scelta di cancellare alcune parole o piccoli passaggi: lui voleva soltanto tutelare i morti perché loro non avrebbero più potuto replicare.

Sguardo sulla mostra. (Foto © Museo nazionale svizzero)
Sguardo sulla mostra. (Foto © Museo nazionale svizzero)
Cosa rimane

L’ultima parte della mostra si allontana dalle vicende legate al diario per offrire una panoramica sulla situazione attuale. I siti commemorativi sparsi per il mondo, i ritratti e le attività di alcuni sopravvissuti. Tra di loro l’artista Fishel Rabinowicz che vive oggi a Locarno.

L’esposizione realizzata al Landesmuseum permette di conoscere più da vicino un pezzo importante della storia europea, attraverso una storia di famiglia. I legami tra i Frank e la Svizzera vengono ampiamente documentati. Una valida opportunità per riflettere e scoprire forse alcuni dettagli ancora sconosciuti, legati al diario di Anna Frank.

 

La mostra resterà aperta fino al 6 novembre 2022.

 

Museo nazionale svizzero
Landesmuseum Zürich
Museumstrasse 2
8021 Zürich

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